Parafrasando papa Francesco “venuto da un paese vicino alla fine del mondo”, direi che sicuramente l’India potrebbe benissimo rappresentare la preistoria del mondo industriale quasi per un effetto Hubble.
Un paese a macchia di leopardo di lunga storia e cultura con fantastiche reliquie monumentali e paesaggistiche che affianca aree metropolitane già fortemente sviluppate ad aree rurali poverissime in cui la gente vive ancora senza elettricità in capanne di fango e paglia.
Nella mia lunga storia di esperienze di Engineering in Asia quasi sempre i cantieri di lavoro si trovavano in aree abbastanza remote e sottosviluppate e l’India non fa eccezione. Dimenticate quindi le bellissime rotte turistiche del Taj Mahal o di Varanasi o delle aree sub-himalaiane e seguitemi nelle aree centro-settentrionali del paese ancora fortemente da sviluppare tipo le aree rurali interne degli stati di Orissa, Madya Pradesh ed ancor di più Chattisgarh e Bijar (sperando la curiosità vi spinga ad aprire Google Map per vedere di quali aree parlo).
Quando dall’aeroporto indiano più vicino al cantiere si arriva con il taxi sono forti le reazioni che immancabilmente la vista di strade, case, persone e animali sulla strada vi suscitano fatto di “chi me l’ha fatto fare di venire qui?” a forte disgusto per il degrado e lo sporco che vi circondano ovunque alla pietà per i bimbi che nuotano nei fossati di acque nerastre con le immancabili bufale o le donne che impastano il letame di bufale per farne mattoncini da essiccare al sole ed usarle come combustibile alternativo al carbone.
Già, il carbone: tutto in India è legato a questo combustibile fonte di sviluppo e degrado al contempo. E di carbone vuole parlare il mio breve racconto.
In Europa in pochi sanno che l’India custodisce enormi riserve di carbone e che l’area carbonifera più importante di tutta l’Asia si trova proprio in quegli stati più depressi a cui facevo riferimento poco fa. In particolare vi parlo del distretto di Singrauli ubicato nel Madya Pradesh a circa 250 Km a sud-est di Varanasi. In questo territorio (secco e polveroso durante la bollente stagione estiva e verdissimo di risaie ed alberi di mango centenari nel periodo monsonico) il carbone sta dovunque, presente a strati regolari alti 50:80 mt all’interno delle centinaia di collinette che sono presenti nella zona. C’è un susseguirsi di miniere di carbone a cielo aperto (non miniera come sempre in Europa) fatto di colline che vengono sventrate progressivamente con macchinari appositi per portare alla luce la faglia carbonifera da sfruttare spostando il terreno inerte a formare una nuova collinetta più bassa. In pratica si disfano colline più grandi per fare artificialmente collinette più basse private degli strati di prezioso carbone contenuto all’interno.
Il governo centrale indiano sta sempre più spingendo l’acceleratore dello sviluppo paese puntando tutto sul bene prezioso dell’energia rappresentato dal carbone, bene pubblico per eccellenza usato per migliorare gli standard di vita del paese. Sicuramente le città metropolitane ne traggono i maggiori vantaggi (energia elettrica a basso costo prodotta da centrali elettriche a carbone gigantesche per lo più ubicate vicino alle aree carbonifere povere) trasferendo l’impatto ambientali in aree meno densamente abitate (che si godono il forte inquinamento provocato dai gas dei camini in cambio di maggiore disponibilità di opportunità di lavoro legate alla miniera ed alle centrali elettriche).
L’aria e l’acqua sporche in cambio di pance meno vuote tra i bimbi di casa : sicuramente non è l’ottimale, ma è meglio del presente.
Se fino a 5 anni fa questa era la via maestra per lo sviluppo, oggi il governo centrale sta spingendo sempre più l’acceleratore nel costruire filiere industriali complete nelle aree povere sottosviluppate ricche di carbone: cosa c’è di meglio del far crescere industrie manifatturiere di base fortemente energivore? Diamo maggior valore aggiunto alla energia elettrica prodotta dal carbone producendo prodotti base per l’industria. Qual miglior prodotto potrebbe prestarsi meglio di alluminio e acciaio? Si creano posti di lavoro in aree depresse e si produce alluminio e acciaio in quantità inimmaginabili per l’Europa pronti a sostenere l’industria dell’auto (TATA) oppure dell’edilizia (ovunque) oppure meccanica in generale (nei grossi centri abitati).
Nei centri urbani maggiore si privilegiano le industrie di valle a minor impatto ambientale e maggio valore aggiunto, mentre gli eco-mostri sono nelle zone rurali depresse (centrali elettriche a carbone e mega complessi di alluminio ed acciaio).
Provate ad immaginarvi un piccolo villaggio rurale di nome Jarshuguda che tre anni fa contava meno di 15.000 abitanti che in tre anni ne annovera già 80.000 con previsione a 5 anni di oltre 150.000 persone. Questo grazie alla nascita di due stabilimenti giganti di alluminio e due acciaierie, ciascuno con relativa centrale elettrica a carbone grande come quella italiana di Porto Tolle, e due mega centrali elettriche a carbone di cui una posseduta dal più grosso gruppo chimico nazionale che ha poi gli stabilimenti chimici in area metropolitana in Mumbai che sfruttano l’energia a basso prezzo (celle elettrolitiche per soda-cloro, etc..).
Pensate a cosa vuol dire avere gli scarichi di 6 centrali elettriche a carbone da circa 2.000 Mw ciascuna in una area di 20 Kmq: sembra la nebbia di val padana in autunno. Però la popolazione è contenta di questa situazione in quanto vede sviluppo e possibilità che i figli stiano meglio dei padri senza più lo spettro di carestie e malattie anche se toccano con mano i nuovi rischi della salute (acque superficiali acide per la ricaduta di acido solforico dai camini).
Adesso ho una risposta alla domanda che mi frullava in testa prima di partire per questa missione: come mai ho ricevuto l’incarico di andare in tre diversi stabilimenti di alluminio e tutti si trovano più o meno nella stessa area? Lo scorso anno quando lavorai nel nuovo stabilimento nascente di Alcoa in Arabia Saudita non capivo perché tutti i capi-turno stranieri esperti fossero per lo più indiani di questa area geografica, mentre gli operai erano indiani del Kerala. Adesso la prima domanda ha una chiara motivazione tecnica, mentre per la seconda basta pensare che si tratta di una area poverissima e molto vicina in linea d’aria con l’Arabia che diventa serbatoio infinito di manodopera.
Il carbone contraddistingue anche in altro simbolo molto amato ed usato dagli indiani : il treno.
Centinaia di convogli carichi di carbone con oltre 60 carrelli stipati che a stento arrancano a 15 Km/h sui binari che partendo dal bacino minerario si dipanano in ogni angolo dell’India. Pensate che una sola centrale a carbone di cui sopra si mangia fino a 20 convogli di carbone al giorno. Davanti all’immancabile passaggio a livello che attraversa ogni strada se va bene trovi le sbarre abbassate almeno una volta e aspetti dai 15 ai 20 minuti finché passano di solito un treno passeggeri ed immancabilmente un convoglio di carbone.
Non si vive senza treno in India : gli aerei interni sono cari per lo stipendio medio di un impiegato indiano e le strade sono spesso bianche sconnesse per lunghi tratti da fare in auto al massimo a 15 Km/h e comunque anche dove asfaltate con dossi rallentatori micidiali o buche profonde sempre presenti limitando la massima velocità di crociera a 50 Km/h. Le autostrade sono eccezioni previste tra i tre/quattro centri maggiori indiani (Mumbai, Dehli, Calcutta e Chennai).